Adriana Pandolfini

Fabio

Merceria Pandolfini


Non ho deciso io di aprire quest’attività, ma è l’attività che mi ha scelto, è un’attività di famiglia. Mio nonno e mia nonna, che si chiamava Adriana come me, hanno aperto nel dopoguerra proprio un’attività vendendo bottoni, piccole cose, perché non c’era niente. Poi è stata gestita per 60 anni da mia zia Lella, infatti il negozio è ancora conosciuto come “dalla Lella”.

La nostra non è mai stata semplicemente un’attività commerciale, siamo sempre stati molto legati ai momenti importanti della vita delle persone del territorio, ad esempio in occasione dei matrimoni qualcuno veniva a cercare delle calze o un papillon particolari.

Io sono laureata in statistica e ho fatto di tutto, ho lavorato in azienda, ho fatto indagini statistiche, lavorato nel commercio equo-solidale. Ripartire è stato difficile, perché quando sono arrivata qui non sapevo neanche quale fosse la differenza tra fettuccia e gros grain. Ho fatto un anno di formazione completa insieme a mia zia, quando lei si è ammalata voleva che l’attività continuasse, ed io ho cercato di dare continuità nella modernità.

Da un annetto e mezzo mi sono resa conto che sempre più frequentemente le persone venivano a chiedermi “ho fatto questo, te lo voglio mostrare..”. C’era sempre più bisogno di contatto, ma io facevo fatica a gestirli tutti.  Allora ho pensato di adibire uno spazio all’esterno che ho chiamato “il tavolo della creatività”, in cui chiunque può venire a fare quello che vuole: uncinetto, ferri o anche solo leggere una rivista e vedere che cosa può fare confrontandosi con altre persone. Adesso ci si incontra anche grazie ad appuntamenti settimanali. La cosa bella è che adesso alcuni gruppi si ritrovano anche quando il negozio è chiuso.

Io ad esempio non avevo mai fatto l’uncinetto, da quando ho iniziato me lo porto sempre dietro perché mi piace, vedo che è una cosa che fa bene. Fare l’uncinetto o la maglia richiede tenacia: un progetto ha bisogno di molto tempo per essere realizzato.

Qui le persone trovano l’empatia, dobbiamo cercare di fare noi cronaca positiva, raccontare qualcosa di bello, e nel mio negozio c’è ancora il contatto umano, e fa tanto. E fa bene anche a me.